1) A prima vista, il nostro palazzo ha un aspetto unitario; invece è il risultato della fusione di due dimore patrizie, edificate, a distanza di più di un secolo una dall'altra, da due distinte famiglie non legate tra loro da alcun vincolo di parentela: i Maggi, che in pieno Seicento ristrutturarono un precedente edificio cinquecentesco e i Gambara, che un secolo dopo acquistarono il palazzo e lo inserirono, grazie all'abilità dell'architetto Antonio Marchetti, in una nuova porzione da loro voluta.
2) L'antico palazzo Maggi costituisce la prima porzione dell'attuale complesso. Le cantine in particolare, che hanno volte a doppio ombrello a crociera, in alcune pareti mostrano larghe tracce di graffiti che ne confermano la datazione alla metà del Cinquecento.
3) In tempi recenti, sul volto del grandioso salone sono stati scoperti affreschi che possono essere datati alla metà del Cinquecento e nel primo Seicento.
4) La famiglia Gambara acquistò il Palazzo dai Maggi intorno al 1655. Al conte Scipione Gambara dobbiamo l'inizio della bellissima sistemazione settecentesca dell'edificio.
5) L'imponente facciata è notevole, in particolare per la decorazione delle finestre che rispecchia, man mano che si sale, i periodi nei quali la facciata stessa fu poco a poco completata.
6) Lo scalone monumentale merita senza dubbio una menzione d'onore.
7) Innanzitutto, le due colonne doriche che sostengono il lungo architrave vi invitano a salire.
8) Le pareti che lo circondano sono ricche di decorazioni a stucco. Successivamente, alla fine del Settecento, la famiglia Grifoni Santangelo continua l'opera di sistemazione del Palazzo.
9) Nel 1930, la chiesa viene decorata con marmi e affreschi dal pittore bresciano Vittorio Trainini.
10) Infine: all'interno della chiesa è custodita una pala del Moretto, "La Trinità incorona la vergine, con i santi Pietro, Paolo e le allegorie della Giustizia e della Pace".
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Le Origini
Il Centro Paolo VI di Brescia ha sede in un antico e singolare fabbricato, che a prima vista ha un aspetto unitario (si direbbe costruito in una sola volta), ma invece è il risultato della fusione di due palazzi, edificati, a distanza di più di un secolo uno dall'altro, da due distinte famiglie non legate tra loro da alcun vincolo di parentela: i Maggi, che in pieno seicento, ristrutturarono un precedente edificio cinquecentesco e i Gambara, che un secolo dopo, acquistarono il palazzo e lo inserirono, grazie all'abilità dell'architetto Antonio Marchetti, nella nuova porzione costruita verso sera.
L'antico palazzo Maggi, quasi completamente conservato, costituisce la porzione di mattina dell'attuale complesso. Le cantine , che hanno volte a doppio ombrello a crociera, tutte in mattoni perfettamente disposti, in alcune pareti mostrano larghe tracce di graffiti che confermano la datazione alla metà del cinquecento. Al pianterreno, pure le sale sono a volti tipicamente cinquecenteschi. Il portico è a pilastri bugnati che sostengono nove volte a crociera. Il primo piano ci dà una ulteriore conferma della datazione del palazzo: in tempi recenti, sul volto del grandioso salone, sono stati scoperti affreschi che possono essere datati alla metà del cinquecento e nel primo seicento.La famiglia Gambara acquistò il palazzo dai Maggi attorno al 1655 ed è al conte Scipione Gambara che dobbiamo l'inizio della bellissima sistemazione settecentesca dell'edificio.
L'attuale facciata, ben distesa lungo via Gezio Calini, assai imponente, pur non avendo caratteristiche architettoniche peculiari, è interessante per la decorazione delle finestre che rispecchia, man mano che si sale, i periodi nei quali la facciata stessa venne, a poco a poco, completata. Al Marchetti sono attribuiti i due nobili portali, di disegno facile, scorrevole ed elegante. L'arco in pietra a tutto sesto è sostenuto da due lesene a fasce che terminano in una mensola a riccio su cui si elevano due belle anfore ben lavorate. Il cortile interno ha subito, nei secoli, varie trasformazioni.
La torretta, innalzata sul portico centrale all'inizio del novecento, venne adibita a specola, ad uso di Mons. Angelo Zammarchi, insegnante di fisica e astronomia. L'attuale settore verso sera venne edificato nel 1885 in luogo di alcune case un tempo di proprietà dei nobili Luzzago, per le necessità dell'allora Seminario Vescovile. Nell'interno del palazzo merita una particolare nota lo scalone, uno dei più grandiosi in Brescia, opera veramente degna del Marchetti.Si apre la prima e maggiore rampa sopra un andito lungo e stretto sul quale si affacciano alte porte fiancheggiate da lesene.
Due colonne doriche, che sostengono il lungo architrave, fanno da invito alla salita; dal primo ripiano, che attualmente ospita una bella scultura del Papa bresciano Paolo VI, si dipartono due brevi rampe di scale opposte che danno movimento allo scalone e accesso agli ultimi due rami, che salgono in opposizione al primo e portano all'ampio ripiano superiore. Le pareti sono ricche di ottime decorazioni a stucco. Tra la fine del Settecento e la prima metà dell'ottocento la famiglia Grifoni Santangelo, imparentata con i Gambara, prosegue l'opera di sistemazione del palazzo.
Nel 1854 il Vescovo di Brescia Mons. Gerolamo Verzieri acquista il palazzo Santangelo per ospitare il suo Seminario.
Nel 1930 la chiesa, costruita nel cortile interno, viene decorata e abbellita con marmi e affreschi dal pittore bresciano Vittorio Trainini su incarico dell'allora Vescovo di Brescia Mons. Giacinto Gaggia.Si giunge al 1951, anno in cui la Diocesi, decide di erigere un nuovo Seminario, la cui prima pietra viene posta durante l'anno mariano 1954.
All'inizio degli anni '70 il Seminario si trasferisce definitivamente nella nuova sede di via Bollani; nel frattempo, il Vescovo Mons. Luigi Morstabilini, decide di destinare il vecchio Seminario Santangelo a Centro Pastorale, intitolandolo al bresciano Papa Paolo VI, come espressione del desiderio e dell'impegno di tradurre nell'esperienza della Chiesa diocesana lo spirito e le indicazioni del Concilio Vaticano II. Il Centro Pastorale Paolo VI è canonicamente eretto in Fondazione di Religione con personalità giuridica per decreto del Vescovo di Brescia del 15 FEBBRAIO 1975. Lo statuto viene approvato dal Vescovo Mons. Bruno Foresti l'08 settembre 1985. Un DPR del 21 luglio 1987 riconosce la personalità giuridica del Centro anche nell'ordinamento italiano quale ente ecclesiastico, ai sensi degli accordi intervenuti tra la S. Sede e l'Italia.
Nell'anno 2003, per decisione del Vescovo Giulio Sanguineti hanno inizio i lavori di ristrutturazione degli stabili della zona sud del Centro Pastorale, dove, dal 2004 troveranno sede il Centro Diocesano Comunicazioni e Brevivet.